Teatro

Gli Autori de 'L'Attesa' - VINCENZO CONSOLI

Gli Autori de 'L'Attesa' - VINCENZO CONSOLI

C’è un profondo senso di umanità nelle belle pagine che Vincenzo Consolo ha regalato al Napoli Teatro Festival Italia e ai suoi spettatori. La “Attesa” raccontata mette a nudo l’immagine del mistero della vita e della morte, ovvero di quegli aspetti che, nel racconto dello scrittore siciliano, sono tanto vicini da sembrare coincidenti. In una dimensione – come è la vecchiaia – in cui tutto tende ad essere più evanescente, diventa difficile individuare i caratteri dell’uno o dell’altro corrimano di questo percorso, che, agli occhi di noi spettatori della vita, non può che rappresentare proprio l’attesa di cui ci parla Vincenzo Consolo.

Qual è l’idea di attesa da cui è partito per il Suo racconto?
Ho voluto raccontare un’attesa che spesso viene ignorata: ho voluto descrivere il senso della morte che si inizia a provare, nella maggioranza dai casi, in età avanzata. Il nostro è sempre più un Paese di anziani, un Paese in cui i tassi di natalità sono decrescenti da alcuni decenni a questa parte. Non basti questa considerazione: infatti, la maggioranza delle persone anziane è in sovrappeso e spesso non è in grado di provvedere alle proprie esigenze quotidiane. Per questa ragione è fondamentale l’aiuto di persone giovani, spesso proveniente da terre lontane; persone che siamo soliti definire extracomunitari, ma che, a ben vedere, danno un aiuto davvero indispensabile alla nostra società. È questo sentimento di paura che ho voluto raccontare nel mio breve scritto: d’altronde ogni attesa porta con sé dolore, sofferenza, ansia, sensazioni presenti anche nella piccola situazione scenica che ho immaginato.

Qual è stato il suo approccio con la scrittura teatrale?
In verità mi sono occupato in altre occasioni di teatro, e l’ho fatto sempre con grande piacere. Ad esempio mi è stato proposto in passato di scrivere un testo teatrale per ricordare Pio La Torre, messo poi in scena sia dai ragazzi delle scuole, sia dai detenuti della casa circondariale “Pagliarelli” di Palermo. Ho ritenuto il progetto davvero importante e per questa ragione ho deciso anche di cedere i diritti sul testo al Centro studi che si occupa di mantenere vivo il ricordo di Pio La Torre. Un altro testo che ricordo affettuosamente è “Lunaria”, favoletta ambientata presso la corte di un viceré siciliano, in un periodo del Settecento difficilmente inquadrabile. In questo testo ho raccontato quel senso di melanconia che il degrado di alcune città può causare.

Quali saranno, secondo Lei, le reazioni del pubblico agli spettacoli proposti nell’ambito della rassegna in cui è inserito il Suo lavoro?
Sarà sicuramente interessante valutare l’impatto che avrà questo modo di concepire il teatro. Credo che ci sarà tanto stupore e tanto sgomento ma anche divertimento e riflessione da parte degli spettatori.

Parliamo di Napoli: sono in molti a dire che questa città è in attesa di un rinnovamento. Ma secondo Lei, quale tipo di cambiamento è auspicabile per Napoli?
Napoli è una bella città è, secondo me, ha problemi molto simili a quelli che affliggono Palermo e i palermitani. È importante ricordare che le città sono fatte di persone e che i problemi spesso dipendono da comportamenti di una parte della popolazione. Io ho imparato a conoscere meglio Napoli grazie ai racconti di un giovane che ha avuto il coraggio di squarciare il velo che avvolge questa terra. Sto parlando di Roberto Saviano, un giovane con cui ho potuto dialogare in occasione di alcuni incontri avuti nel corso degli ultimi tempi. Lo reputo un ragazzo intelligente e coraggioso, che ha raccontato verità sotto gli occhi di tutti. La gente cattiva, con i propri comportamenti, danneggia, in queste due città, la povera gente, maggiormente esposta a soprusi e a sopraffazioni. Per questa ragione, il vero problema di queste due realtà è dato dalla esigenza di tutelare i più deboli, evitando che siano sempre loro a pagare le conseguenze degli errori altrui.